Comune di Reggio Emilia Fondazione Palazzo Magnani

ZAVATTINI E VAN GOGH

VEDERE PER SCRIVERE
ZAVATTINI E IL FILM SU VAN GOGH

VAN GOGH – 1 marzo 1953

Penso che questo viaggio sia il film su Van Gogh, ma bisogna fare presto, prima che muoia il vecchio Hannes e che diano il bianco alla camera dei Ravoux; andrei a cercare anche quella figlia della sorella di Vincent, di anni 65, che pare sia a Marsiglia. La sorella di Vincent commise un fallo, Vincent la prediligeva e scrisse: ama, ama sempre più, questo importa. Con Aurenche sono andato a Arles il giorno 16. Si arrivò all’alba. Nell’atrio dell’albergo del Pino c’era un quadro volgare con un damasco sulla cornice e una lampada che lo illuminava; sul registro dei forestieri illustri vidi le firme e i pensieri di Baldwin, di Mistinguette, di Sessue Hayakawa. Non c’era il nome di Van Gogh, nessuno lo nominò mai. Venne il sole e andammo sul Rodano dove con un immenso rumore passò un vecchio battello. Non credevo ai miei occhi, era il Mont Blanc, quello che vide Van Gogh. Pochi metri più in là sorgeva il ponte delle lavatrici, non più levatoio, ma con lo stesso cielo smeraldo. Corsi alla capitaneria, ebbi conferma che il Mont Blanc era il Mont Blanc di Van Gogh. Attraversai le strade dei postriboli, distrutte dalla guerra: restavano in piedi solo pezzi di muro. Anche la casa dove Vincent ospitò Gauguin era crollata. Rintracciai delle cose che Van Gogh dipinse, les alicants, l’arena, l’ospedale, quegli ulivi che per lui avevano un mormorio antico. Andammo in auto a Saint-Rhémy percorrendo il tragitto che Vincent fece in carrozzella tra Roulin e il pastore Sally. A Roulin disse congedandosi: “ci rivedremo là haut”. Si aprì il cancello, il medico Leroy mi lasciò guardare il registro del 1889; nel giorno dell’uscita di Van Gogh vicino al suo nome c’è scritto grande “guarito”. […] La mattina dopo partii dal Arles per l’Italia, in stazione soffiava il mistral che faceva traballare il cavalletto di Van Gogh

(Cesare Zavattini, Straparole, Milano, Bompiani, 2018 pp. 60-62)