Comune di Reggio Emilia Fondazione Palazzo Magnani

ZAVATTINI E LA SPAGNA

ALLA SCOPERTA DELLA “SPAGNA PROFONDA”
IL VIAGGIO-INCHIESTA DEL 1954

ZAVATTINI E LA CORRIDA

SPAGNA – 9 marzo 1953

Se dovessi dire in poche parole cos’è la corrida, direi quella grande chiazza di sangue sul fianco del toro quando dall’ombra il toro entra nel sole; il sangue si illumina di colpo e il suo bagliore arriva sulla faccia della gente. Carla del Poggio nascose la testa tra le braccia, poi si abituò anche lei. Al toro tre volte invano avevano ficcato il punteruolo nel cranio per ammazzarlo, non essendo stato bravo l’espada. I cavalli lo portarono via al galoppo tra uno schioccare di fruste da circo equestre. Zampa continuava a meravigliarsi che ci fossero fanciulli tra gli spettatori, e io mi meravigliavo che il dolore del toro fosse così silenzioso, mai mugghiò, neppure quando un picador gli allargava la ferita affondando la picadilla più che poteva, non si muoveva né il toro né il picador né il cavallo, solo il ferro della picadilla andava sempre più giù nella ferita. Improvvisamente il pubblico fece “ah” e si curvò sull’arena; uno, cui era sfuggita la cappa di mano, il toro lo aveva sollevato con una cornata, e gli altri si erano precipitati a distrarre il toro, il ferito era portato fuori, non si vedeva la ferita, ma solo il pallore del ferito, passò un mezzo minuto durante il quale non provò dolore, niente, però sapeva di essere stato colpito e era come aspettasse dal cielo l’annuncio che il suo corpo doveva cominciare a venir meno: piegò la testa, l’annuncio era venuto. Seduto sulle braccia di due inservienti passò lungo il corridoio tra l’assito che circonda l’arena e la prima fila degli spettatori, si vedeva solo la sua testa che andava su e giù come sopra un cammello mentre le trombe d’argento annunciavano il momento dell’espada. Appena finita la corrida tutti i sei tori sono scuoiati e qualcuno dice “io voglio il girello, io la coda, io la trippa”, e i tecnici fanno la storia della corrida su quei buchi, su quelle vene svuotate, su quei cuori scoppiati

(Cesare Zavattini, Straparole, Milano, Bompiani pp. 62-63)