Comune di Reggio Emilia Fondazione Palazzo Magnani

ESPOSIZIONE

Sezione 1: Zavattini "animatore" della cultura della Bassa

 

Zavattini e la pittura

 
L’attività di Zavattini nella Bassa è fortemente legata all’impegno a favore dell’arte figurativo-pittorica. La passione dello scrittore luzzarese per la sua terra e la spinta alla popolarizzazione del fatto artistico contribuiscono a fare della Bassa, e in   particolare di Luzzara, la patria d’elezione dei naïfs. Infatti Zavattini, oltre a prendere posizione nel dibattito su questa forma d’arte pittorica, fin dagli anni Sessanta si adopera per promuovere una serie di iniziative volte alla sua valorizzazione. Con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Luzzara nel 1967 promuove il primo Premio Nazionale dei naïfs. Volendo “dare una casa ai naifs italiani” fonda, nel 1968, sempre a Luzzara, il Museo Nazionale delle Arti Naifes, da cui scaturirà, a partire dal 1975, «Il Bollettino dei Naifs». La promozione d’iniziative pittoriche e l’attività di critica d’arte consentono a Zavattini d’instaurare rapporti con svariati e diversi ambienti artistici. Il ricco epistolario dell’archivio Zavattini documenta la fitta rete di relazioni creata dallo scrittore di Luzzara con numerose personalità della vita artistica locale: Antonio Ligabue, Pietro Ghizzardi, Bruno Rovesti, Andrea Mozzali sono solo alcuni degli artisti della Bassa con i quali intrattiene rapporti. A questi è da aggiungere la schiera degli “amati” pittori luzzaresi come Pino Aldrovandi, Wander Bertoni, Danilo Donati, Pompilio Mandelli, Luigi Nodolini e Claudio Parmiggiani.

 

La valorizzazione della cultura letteraria e artistica locale

 
All’impegno a favore delle arti figurative si affianca l'attività di Zavattini per promuovere la produzione letteraria della Bassa. Tra gli artisti dell’area padana che entrano in contatto con Zavattini si ricordano, in particolare, il poeta luzzarese Guido Sereni, il borettese Pietro Ghizzardi e lo scrittore autodidatta gualtierese Serafino Prati, autore di varie opere di poesia, narrativa e saggistica. Zavattini riesce a valorizzare l'opera letteraria dei suoi conterranei contribuendo anche a portarli alla ribalta nazionale: infatti Guido Sereni vince, nel 1972, il premio letterario “Viareggio” con Om ad Po, Pietro Ghizzardi nel '77 con Mi richordo anchora, mentre anche Serafino Prati partecipa al Premio venendo inserito nelle “prime rose”. Un altro personaggio padano con cui Zavattini collabora proficuamente è Dino Villani. Nato a Nogara (VR) nel 1898 e morto a Milano 1989 Villani diviene una figura eclettica in grado di interpretare le contraddizioni dell’Italia del boom economico: pubblicitario, pittore, incisore e critico d'arte italiano, è considerato l'inventore in Italia della comunicazione integrata. Il fecondo sodalizio con Zavattini porta alla realizzazioni di svariate iniziative (“Premio Notte di Natale”, concorso “5.000 lire per un sorriso” divenuto poi “Miss Italia”). Tra le varie manifestazioni si ricorda in particolare il “Premio Suzzara”, la cui prima edizione viene promossa nel 1948 con lo scopo di avvicinare l'arte ai non specialisti. Per questa ragione in giuria a fianco di figure autorevoli è prevista la presenza di un operaio, un contadino e un impiegato

 

Zavattini e la “sua” Parma
Nel rapporto tra Zavattini e la Bassa padana un capitolo fondamentale è rappresentato dall’esperienza parmense. Infatti nel 1921 Zavattini si iscrive alla facoltà di legge di Parma. Nel frattempo, tra il 1922 e il 1928, si stabilisce a Parma diventando istitutore al Convitto Maria Luigia e successivamente collabora come giornalista alla «Gazzetta di Parma» entrando in contatto con gli ambienti culturali della città ducale. In questi anni Zavattini intreccia rapporti con diverse personalità della intellettualità cittadina, segnalandosi in particolare come animatore dei “caffè letterari” che orbitano intorno alla «Gazzetta di Parma». Zavattini diventa così un importante punto di riferimento per un gruppo di giovani frequentato anche dallo scrittore e giornalista Giovannino Guareschi, dal futuro giornalista Alessandro Minardi, dall’allora giovane critico cinematografico Pietro Bianchi, dal poeta e grande amico Attilio Bertolucci (padre del regista Bernardo). Oltre a svolgere le prime esperienze di socializzazione culturale, Zavattini in questi anni esordisce nel giornalismo nel 1926, con un primo articolo su «La Gazzetta di Parma», fondando il primo giornale umoristico della sua carriera, «Bazar», e pubblicando con alcuni allievi parmensi un giornaletto culturale nella sua città natale: «Il Luccio».
 

Sezione 2: la Bassa nella produzione di Zavattini

 

Luzzara e la Bassa nei libri fotografici

 
La narrazione del mondo della Bassa nell’opera di Zavattini passa attraverso una feconda “contaminazione” tra immagine e parola. In concomitanza con l’esaurimento della spinta propulsiva del neorealismo nell’ambito cinematografico, Zavattini intorno alla metà degli anni cinquanta dà inizio alla sperimentazione della “fotografia neorealista”. Il momento più alto è rappresentato dalla realizzazione del volume con il fotografo americano Paul Strand, dedicato a Luzzara e intitolato Un paese. Il libro, considerato uno dei classici della storia della fotografia del novecento e pubblicato nel 1955, è l’esito di un'accurata indagine verso la propria comunità d’origine, identificata come un “laboratorio” rappresentativo dell'intera condizione umana. Un paese avrebbe conosciuto uno stimolante seguito col fotografo Gianni Berengo Gardin, destinato a sfociare nel volume Un paese vent’anni dopo. Oltre ai lavori su Luzzara, nel corso degli anni lo sguardo di Zavattini attraverso la fotografia si allarga all’intero paesaggio della Bassa padana. Dopo un viaggio lungo il fiume Po con il fotoreporter del quotidiano «Il Giorno», William Zanca, Zavattini nel 1966 dà alle stampe il volume Fiume Po. Le atmosfere padane hanno poi ispirato altre opere fotografiche corredate da scritti dell'autore luzzarese, come i quattro volumi di Padania del 1975 e i tre opuscoli Vecchia Padania, usciti tra il 1977 e il 1987.

 

Il Po e la Padania nella letteratura Zavattiniana

 
La Bassa ha ispirato una parte importante della produzione letteraria e poetica di Zavattini. In una delle opere più importanti della maturità, Straparole, del 1967 ricorrono numerosi richiami a Luzzara, alla Bassa, all’Emilia e al Po. La pubblicazione comprende anche il testo del “racconto-diario” Viaggetto sul Po, che documenta l’esperienza del “ritorno alle radici” compiuta qualche anno prima con la traversata della pianura padana seguendo il fiume. La passione zavattiniana per la propria terra si declina anche sul versante più propriamente lirico e poetico; tra le opere di “matrice padana” riveste un posto di rilievo il poemetto Toni Ligabue, dedicato alla personalità paradigmatica della Bassa e pubblicato per la prima volta da Franco Maria Ricci nel 1967. A partire dagli anni Settanta Zavattini si cimenta con un nuovo genere letterario: le poesie dialettali. Attraverso la produzione in neo-volgare lo scrittore va dunque alla scoperta degli elementi identitari della propria comunità e delle sue origini padane. Infatti nel 1973 pubblica, nel dialetto luzzarese, il libro di poesie autoironiche di Stricarm’in d’na parola (Stringermi in una parola) definito da Pasolini «bello in assoluto». Zavattini tornerà poi alla poesia in vernacolo con la raccolta A vrés (vorrei) pubblicata a Suzzara nel 1986 a cura di Giovanni Negri.

 

Za pittore della sua terra

 
La passione per la Bassa è rintracciabile anche all’interno della produzione pittorica di Zavattini. L’artista luzzarese, che inizia a dipingere occasionalmente nel 1938 da autodidatta e in sordina, infatti utilizza anche il linguaggio della pittura per esprimere la propria creatività. La sua produzione riflette i tratti peculiari dell’intera opera artistica (spontaneità, senso del grottesco, ironia) e risulta fortemente improntata verso la dimensione autobiografica e la poetica della memoria. In questo ambito si collocano anche le opere che richiamano direttamente le sue “radici padane”. Tra i dipinti della collezione zavattiniana dei Musei civici di Reggio Emilia (comprendente 120 dipinti dall’inizio della sua attività pittorica fino a quella degli ultimi anni), figurano alcune opere che rinviano a Luzzara e al mondo della Bassa, risalenti principalmente agli anni Settanta. Il tema delle barche, del fiume Po, delle processioni, del campanile di Luzzara costituiscono motivi ricorrenti dei dipinti con evidenti tratti autobiografici. Altri soggetti padani sono rintracciabili nella raccolta di incisioni, lastre (acqueforti, litografie, serigrafie) e libri d’artista conservata presso l’Archivio Zavattini della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia.
 

 

La Bassa e il linguaggio del cinema

 
Il nome e l’opera di Zavattini sono strettamente legati al cinema e in particolare all’esperienza del neorealismo, nel secondo dopoguerra. Il mondo della Bassa non poteva dunque mancare di lasciare le sue tracce anche all’interno della produzione di testi per il cinema. In effetti, prescindendo dalle connessioni tra la “padanità” e la stagione neorealista, Zavattini ha spesso inserito Luzzara e la Bassa nella sua vasta produzione di soggetti e sceneggiature, seppure con esiti concreti piuttosto limitati. Infatti, gran parte dei progetti di ambientazione padana sono rimasti allo stadio progettuale e non hanno avuto un effettivo sbocco cinematografico. Fra i lavori di film non realizzati e conservati presso l’Archivio Zavattini si contano almeno dodici progetti con espliciti riferimenti al contesto padano. In alcuni casi il titolo è particolarmente evocativo: Il grande fiume del 1940, Amore e zanzare del 1940, ambientato nelle atmosfere fluviali piacentine, Una donna del Po del 1951-52, situato in un paese della bassa padana; Viaggio sul Po del 1953, dalle forti connessioni con il Viaggetto sul Po letterario; la Grande Vacanza, ispirato ad un fatto realmente avvenuto nel 1947, riguardante un viaggio fluviale da Luzzara a Venezia. A parte i progetti incompiuti, le tracce dei luoghi natali sono presenti anche nel film I sette fratelli Cervi (peraltro solo parzialmente riconducibile al contesto del Po) e nell'episodio La riffa nel film del 1962 Boccaccio '70. A questi lavori si deve poi aggiungere lo sceneggiato televisivo Ligabue, del 1977, tratto dal poemetto zavattiniano Toni Ligabue.