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Il restaurato “Sciuscià” (1946) presentato al Festival di Cannes.

Su “Dazebao News, il portale della scienza e della cultura” Sandro Marucci ha pubblicato una breve recensione del film: “Cannes 2022. I classici: “Sciuscià” (1946) di Vittorio De Sica”. Sciuscià, dall’inglese shoe-shine, è entrato nell’uso corrente nell’immediato dopoguerra, quando nella Napoli occupata dagli alleati la fame aveva spinto decine di ragazzini di strada a diventare lustrascarpe. In questa realtà sociale prendeva ispirazione la pellicola del soggettista e sceneggiatore Cesare Zavattini, diretta da Vittorio Sica. Due di questi giovanissimi napoletani sognano di comperare un cavallo bianco tutto per loro e, per averlo, s'invischiano in un "lavoretto" per adulti che li porta in un carcere minorile. Uno dei film del neorealismo italiano più conosciuti all'estero che fu Oscar speciale 1947 per "la qualità superlativa raggiunta in circostanze avverse". La polemica sociale di “Sciuscià” non parte da un dato ideologico, ma da un motivo umano. In chiave di elegia populista Zavattini e De Sica tornano al mondo dell'infanzia che avevano già esplorato con “I bambini ci guardano” (1943). Scrive Marucci che come tutti i film neorealisti, anche questo costò pochissimo, si dice non più di un milione di lire e fu poi venduto ad un furbo distributore americano che ne ricavò sempre un milione, ma di dollari. Il festival di Cannes lo presenta in una copia restaurata della Cineteca di Bologna.
 

Un’inquadratura del film.