Comune di Reggio Emilia Fondazione Palazzo Magnani

Il film inchiesta “I misteri di Roma”.

È uscito l’ultimo numero (il 114°) di “Diari di cineclub” (https://bit.ly/3IklOBH), periodico digitale di cultura e informazione cinematografica nato nel 2012, che presenta tra gli altri, alle pagine 50/51, un saggio di Mino Argentieri “Cinema verità di Zavattini e altri: «I misteri di Roma» e «Le città proibite». Pregi e difetti di film che avanzano valide istanze di rinnovamento e di ricerca”. Il testo è ripreso dalla rivista “Rinascita”, a. 20., n. 38, settembre 1963 (pag. 27). Il 28 giugno 1963 usciva il film-inchiesta “I misteri di Roma”, ideato, coordinato e supervisionato da Zavattini, la musica di Piero Umiliani, con la regia di diversi giovani autori: Libero Bizzarri, Mario Carbone, Angelo D'Alessandro, Lino Del Fra, Luigi Di Gianni, Giuseppe Ferrara, Ansano Giannarelli, Giulio Macchi, Lorenza Mazzetti, Enzo Muzii, Piero Nelli, Paolo Nuzzi, Dino Bartolo Partesano, Massimo Mida Puccini, Giovanni Vento. Il filo conduttore è la registrazione di una giornata romana da un'alba a quella successiva. Il film-inchiesta per Zavattini rappresentava un tentativo di superare il neorealismo. Questo film-inchiesta in particolare, non piacque ai teorici del film-inchiesta artistico e dunque, per Za, “artefatto”. Ne “I misteri di Roma” è la realtà (diversi spezzoni di realtà), ripresa nella sua crudezza, a farla da protagonista. Il film-inchiesta per Zavattini è comunque una forma d’arte, ma un nuovo tipo d’arte, non più quella romantica che derivava la sua forza dalla fantasia degli autori ma quella, al contrario, che riprende la realtà senza infingimenti e che scaturisce dalla “conoscenza”: della società, della subcultura popolare, della vita di tutti i giorni. Molti critici puntarono l’indice contro l’eterogeneità dei contributi (erano 15 i registi), che stentarono ad amalgamarsi artisticamente. Ciononostante ci fu chi intravvide ne “I misteri di Roma” gli echi del neorealismo zavattin-desichiano, quelli della dolcevita felliniana, i richiami alla poetica sottoproletaria di Pasolini e altro ancora. L’altro film preso in esame da Argentieri in questo saggio di “Rinascita” è “Le città proibite” uscito anch’esso nel 1963 per la regia di Giuseppe Maria Scotese.