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Valentina Fortichiari intervista Satoko Ishida, traduttrice di “Parliamo tanto di me” in giapponese

Sul sito della rivista culturale online Limina, è recentemente uscito l’articolo di Valentina Fortichiari I Sassi hanno un’anima? Zavattini sbarca in Giappone. Si tratta di un’intervista alla traduttrice Satoko Ishida, cui si devono la recentissima traduzione e curatela di Parliamo tanto di me, pubblicato in Giappone da una delle principali case editrici nipponiche, la Kobunsha Co. Ltd. Satoko Ishida è docente di letteratura italiana presso la Nagoya University of Foreign Studies, e all’opera di Zavattini ha dedicato innumerevoli articoli e saggi critici, contribuendo a farlo conoscere come letterato oltre che come sceneggiatore. D’altro canto, come sostiene la studiosa giapponese: “Il Neorealismo, dal primo momento in cui è stato introdotto nel 1949, ha dato un grande impatto al Giappone nel dopoguerra. Questo impatto non era solo per il realismo inedito nella storia del cinema, ma anche perché molti spettatori giapponesi hanno trovato nei film neorealisti le realtà dello stesso Giappone che affrontava le difficoltà sociali nella devastazione dovuta alla guerra”. Ma, da ciò che si evince dal dialogo tra Fortichiari e Ishida, altri temi zavattiniani hanno una particolare risonanza in terra giapponese. La “visione umana” dell’attenzione verso di sé e verso gli altri, la filosofia della gentilezza, della compassione, della Pace, in un mondo ove regna il dolore, ma tutti gli elementi circolano, si uniscono e si riuniscono continuamente: è una visione che per certi versi potrebbe essere accostata al buddhismo. «Vivere è sapere, la Pace è sapere»: una dimensione dell’opera di Za che, come sostiene Valentina Fortichiari, in Italia ancora non è stata ben compresa.
Molto interessanti le parole che Satoko Ishida dedica alle difficoltà incontrate nel lavoro di traduzione: “Non era facile tradurre Zavattini in giapponese dal momento che le sue parole sono concise ma dense di connotazione. Credo che nel tradurre la letteratura sia importante cogliere l’essenza e mantenerla anche in una lingua tradotta. Nel caso delle opere zavattiniane, avverto la forte potenza delle immagini (sin dalle prime righe di Parliamo tanto di me, le sue parole sono altamente cinematografiche). Ho cercato quindi di immaginare fino ai dettagli frase per frase e restituire il tutto in giapponese.”
La professoressa Ishida dichiara a Fortichiari che il suo lavoro critico sul letterato luzzarese non si fermerà qui e si estenderà all’ambito cinematografico.
Nel frattempo si spera che Parliamo tanto di me sia ben accolto nel Paese del Sol Levante e che i lettori giapponesi riescano a cogliere l’umanità universale che lo pervade, nonostante la notevole distanza di luogo e di tempo dalla sua prima pubblicazione.