Il 31 luglio 2025 è venuta a mancare a 94 anni Adriana Asti, una delle figure più rappresentative della scena teatrale e cinematografica italiana. Nella sua lunga e prestigiosa carriera la Asti ha collaborato con i più importanti registi italiani, da Giorgio Strehler a Luca Ronconi, da Pier Paolo Pasolini a Bernardo Bertolucci. La sua filmografia conta quasi 60 titoli, tra cui Rocco e i suoi fratelli di Visconti, Il fantasma della libertà di Luis Buñuel, Accattone di Pier Paolo Pasolini, Prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci, La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana. Doppiatrice, tra le altre, di Lea Massari e di Claudia Cardinale, è stata volto anche di film per la televisione.
Come protagonista, nel 1977 è stata Felicita, la serva flaubertiana nella trasposizione scritta da Cesare Zavattini per Vittorio De Sica, ma realizzata alla sua morte da Giorgio Ferrara, di Un cuore semplice.
Un cuore semplice fa parte dei Tre racconti che Flaubert scrisse negli ultimi 18 anni della sua esistenza ed è un capolavoro assoluto nel suo genere.
Come ebbe a dire Mino Argentieri nel 1977 su Rinascita “Si arguisce che cosa abbia stuzzicato Zavattini in una povera domestica vissuta in Normandia a cavallo tra il primo e il secondo scorcio del secolo diciannovesimo: il personaggio di una donna del popolo che è un’anima candida, capace più di comprendere che ragionare, istintiva e devota, umile e disposta al sacrificio, ingenua nelle sue fantasie repressa e obbediente. […] Abbiamo un Flaubert riciclato in una chiave neorealistica? Sarebbe un’avventatezza affermarlo, ma è inconfutabile che nella ricomposizione zavattiniana del piccolo capolavoro flaubertiano si determini un lieve spostamento grazie a cui avanza in primo piano ciò in Flaubert era adombrato: l’attenzione alla grettezza, all’utilitarismo, all’egoismo dei sentimenti, che pervadono la famiglia borghese alla quale Felicita dedica un’intera vita, avendone ben poco in cambio. Circola nella riduzione cinematografica una sensibilità sociale che è più squillante e diverge da quella di Flaubert.”
Giorgio Ferrara era allora al debutto come regista cinematografico, dopo le esperienze teatrali con Ronconi e come aiuto di Visconti. Il film vinse il premio speciale ai David di Donatello 1977 e il Nastro d'argento come miglior regista esordiente
Una menzione speciale meritò al tempo la fotografia, affidata ad Arturo Zavattini, ritenuta molto efficace, come si può desumere dagli articoli custoditi nell’Archivio Zavattini.